E la strada si apre…

Passo dopo passo, è vero. Quanti ne sono stati fatti quest’ultimo anno? E dove hanno portato?

Ci siamo fatti carico di anni difficili con la volontà di ribaltarli, spazzar via nuove abitudini che non ci appartenevano, che hanno un po’ cambiato il nostro modo di fare scautismo. Con attenzione, dedizione e coraggio abbiamo allacciato gli scarponi, abbiamo chiuso lo zaino e siamo usciti di casa. A volte la meta era chiara, altre volte no. Ma la via era la stessa, non importa se fosse una pista, un sentiero o una strada.

Baden Powell diceva:

“Dopo le nubi splende di nuovo il sole. Che la vostra nube particolare sia tristezza o dolore o ansietà, il sole della felicità verrà di nuovo su di voi se prenderete al meglio la situazione quando i tempi sono duri.”

Siamo, dunque, pronti a ricominciare e ad accogliere ciò che il futuro è disposto a regalarci?

Con questo articolo vogliamo raccontarvi le esperienze di alcuni capi che si sono spesi nel servizio associativo in questo anno complicato ma ugualmente ricco di bellezza.

23/10/2021

Ricordo molto bene la prima riunione dell’anno, quando ho inserito le chiavi nella toppa e sollevato la saracinesca. Il rumore del metallo che scorreva sui binari sapeva, oramai, di familiare e pensavo a quanto bello fosse quel suono terrificante.  Quante volte ci siamo trovati a godere di un suono, di un profumo o di una sensazione che solo per noi aveva un valore? Gli scarponcini sulla strada sterrata, la pioggia che ticchetta sul sovratelo, il profumo di un fuoco ed il suo scoppiettio e ancora l’aria frizzante di prima mattina, fredda e pungente, che risveglia i muscoli intorpiditi o il profumo del caffè dopo una notte troppo corta.

Mi sono abituata ad alcune sensazioni che mi rendo conto non essere consuete. Certe volte, lo ammetto, mi sento strana.

In sede ritrovo la vecchia ruota dei servizi, è appesa nella parete accanto alla porta e sembra essere un po’ impolverata. Bans, gioco, tg, preghiera, pulizia spazi comuni, canto. “È vero!” per un attimo me ne ero dimenticata. La verità è che il tempo che passa dalle attività estive alla prima riunione dell’anno sembra lunghissimo. Sorrido e prendo ciò che mi serve per ricominciare.

È un anno intenso e stancante. Chiudere e riaprire, pianificare e annullare. È un anno incerto, nonostante le mie idee fossero chiare, così come le mie intenzioni o i miei desideri. Fare, agire, ricominciare, giocare insieme. Questo insieme che un po’ spaventava e che tanta tristezza metteva. Alla prima uscita di Reparto condividemmo il pranzo e mi ero dimenticata come fossero i volti dei ragazzi senza mascherine. La nostra mente è bellissima, specie perché riesce ad immaginarsi lineamenti quando è impossibile vederli. E così mi trovavo a pensare “caspita, ha il naso così piccolo! Me lo ricordavo più grande!”: mi faceva sorridere, ma col senno di poi mi rattristava realizzare che mi ero dimenticata di quei dettagli.

Ringrazio Dio per avermi condotta qui, su questa strada in salita che tanto mi fa sudare. Ho la fronte bagnata e le guance rosse, ma sono felice. Ogni giorno di servizio penso a quanto sia bello ciò che faccio, a quanti semi sto spargendo nel terreno. Forse pochi saranno a fiorire, ma a me bastano.

L’anno è stato chiuso e le attività estive sono alle porte, c’è poco tempo e tante cose da fare. Non vedo l’ora, non sto più nella pelle, sono elettrizzata. Chiudere lo zaino mi emoziona molto e faccio in modo che sia tutto perfetto. Il sacco a pelo è pulito e, per l’occasione, ho comprato uno stuoino nuovo, di quelli gonfiabili (che, vi anticipo, si bucherà il primo giorno di campo). Giunta al campo, ancora spoglio e privo della nostra contaminazione, comincio ad immaginare gli angoli di squadriglia, i lavabi, l’issabandiera, il portale, le tende montate, come si paleserà questo posto tra soli due giorni. Sarà bellissimo. Era bellissimo.

Infine, malinconica, risalgo in macchina per tornare a casa.

Se dovessi descrivere quest’anno trascorso, concluso con un magnifico campo estivo, lo farei con una risata. Ho riso tanto, tantissimo, fino a piangere, fino a provare dolore all’addome e alle gote. E mi domando se sia proprio questo il mio metro di misura, ovvero il parametro che stabilisce se il mio sia o meno stato un servizio fruttuoso. Io questo non lo so, ma la mia unica certezza è che ci ho messo il cuore. Rifletto, infatti, sul dovere di essere sempre autentici in quello che si fa e che diventa l’unico modo, quindi, per metterci cuore, anima e corpo.

In fin dei conti sono contenta. Credo che sia ciò che ognuno di noi debba chiedersi a fine servizio. Siamo felici di ciò che abbiamo dato e del come lo abbiamo dato? Ci ha riempito il cuore, in qualche modo? La stanchezza ci sarà sempre, così come l’avvilimento o la tristezza, in certi casi. Ma se ne vale la pena è la strada giusta da percorrere. Vocazione.

Infine…

Sono stati sicuramente anni difficili, siamo stati messi alla prova, abbiamo rivoluzionato quelli che un tempo erano i capi saldi dello scoutismo, ad esempio quello delle relazioni costanti faccia a faccia con i nostri ragazzi. Ci siamo ritrovati magari alcune volte a far fronte a dei nuovi aspetti a noi sconosciuti, abbiamo affrontato nuove prove, nuove sensazioni ma sempre con la stessa voglia di fare del nostro meglio!

Cari capi, cari ragazzi, sembra che tutto si stia sistemando, una montagna russa da vivere, alti e bassi, ognuno con un proprio bagaglio, ognuno con i propri scarponi pronti a fare nuova strada, ognuno con un proprio equipaggiamento e tanta voglia di vivere. È vero, non è stato facile, ma ci siamo riusciti, i nostri ragazzi sono cresciuti, il branco che gioca, il reparto che costruisce il proprio sentiero e il clan che percorre inesorabilmente la propria strada. Obiettivi, mete e dedizione sono sempre ad un passo dal nostro cuore.

Quello che vi auguro è di percepire i vostri occhi curiosi, il cuore attento e tanta voglia di mettervi in gioco. Quest’anno soprattutto godiamoci lo scoutismo vero, le maniche delle nostre camicie non devono stare allacciate ma sempre arrotolate fino al gomito pronti così a mettere le mani in pasta, sempre ad essere estote parati! La paura di non farcela ci sta, vi sta scrivendo una ragazza che pensa sempre di essere ad un passo indietro rispetto agli altri e so che in questa vita non si arriva mai del tutto al 100% ma mi basta guardare il sorriso di un mio esploratore che tutta questa paura viene meno!

Un grande in bocca al lupo, un abbraccio immenso e un sorriso grande a tutti!

#UnAltroAnnoInsieme

Articolo a cura di:
Alice Solina – Capo del Palermo 16
Elisea Amato – Capo del Palermo 10
Foto a cura di:
Luciano La Rocca – Capo del Palermo 15
Giulia Ingrascì – Capo del Palermo 16
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