Consiglio Generale 2019 – Una responsabilità da far tremare i polsi

Arrivare a Bracciano è un po’ come arrivare nella Terra Promessa. Quel luogo che spesso hai visto in foto, per cui ti sei preparato, di cui hai letto sulle riviste. Quel luogo in cui desideri andare quando capisci che è lì che si “fa” l’Associazione. Se arrivi col buio, poi, e con il prato illuminato da una buona luna ti senti proprio minuscolo, troppo piccolo per stare lì. Andrà meglio domani, andrà meglio. E così è: il cuore rischia di esplodere quando, sulle note di Mameli, proprio la mattina del 25 aprile, le bandiere delle Regioni prima, e poi quella dell’Italia, dell’Europa, dell’Agesci, del WAGGGS e de WOSM, iniziano ad attirare i nostri occhi al cielo. È l’issa bandiera. Con le voci di Capo Guida e Capo Scout che leggono “La scelta di Accogliere”, di Roberto Mancini, si comincia. Si fa sul serio. Maria, donna dell’Accoglienza, ed il cero pasquale ci fanno strada verso il tendone; e mi ritrovo a canticchiare le parole dell’Inno alla Gioia. Serve studiare musica alle medie! Serve!

Da lì è tutto un susseguirsi di saluti, testimonianze, relazioni del Comitato, video dei Settori, contributi delle Branche; lavoro delle Commissioni, consegna di benemerenze, messe all’alba, nottate in bianco per condividere con gli altri consiglieri siciliani il lavoro fatto durante il giorno. Deliberazioni, mozioni, applausi commossi a chi ha visto nascere l’Agesci e n’è stato il primo Capo scout; preghiere, canti, canti e canti. Sì, abbiamo cantato molto al Consiglio Generale, spesso con le parole di Mattia Civico, sempre con la sua chitarra e la sua voce a guidarci. È sua la veglia “In piedi”, veglia serale che ci porta a camminare nelle scarpe degli altri, dei Lontani, degli Invisibili… profughi siriani, ex detenuti, un’amica costretta a vivere il mondo su una sedia a rotelle, una donna cui è stato tolto molto, ma non la voglia di riscattarsi per garantire un futuro migliore alla figlia. “Solo le pidio a Diòs que lo injusto no me sea indiferente” (Leon Gieco).

All’ingresso del tendone (il fantomatico tendone!) c’è il Patto Associativo, scritto in nero su due specchi. E che sarà mai?! Specchiarsi nel Patto Associativo più e più volte al giorno è una bella sfida. Ti accorgi di parole un po’ sbiadite, fai i conti con Scelte che chiedono sempre più una certa radicalità… E non c’è alternativa: da lì devi passare per entrare alla Plenaria, non puoi scappare. Da lì devi passare se vuoi deviare il corso della Storia. L’ha detto anche Don Ciotti.

Sì, proprio lui che ha richiamato tutti ad andare incontro al Futuro, a prestargli le mani per soccorrere, ad offrirgli la voce per denunciare. Del resto, lo sappiamo fare. L’abbiamo già fatto… e se lo avessimo dimenticato il film sulle Aquile Randagie era lì per questo, a fare memoria. “Quel che sarete voi noi siamo adesso. Chi si scorda di noi scorda sé stesso”. Fare memoria è requisito essenziale della Giustizia, ne è presupposto fondamentale.

Quattro giorni di Consiglio Generale non sono consueti, sono anzi una rarità, mi dicono i veterani (Giulio Campo è al suo ventesimo Consiglio…!). Ma niente è lasciato al caso, niente si perde, tutto ha un Senso. E anche quando corriamo il rischio di farci fagocitare dalla frenesia del fare, Padre Roberto, Assistente Generale, ci chiede tre, cinque, quindici minuti di silenzio, di discernimento… “Cosa ha suscitato in te quello che è appena successo? Cosa senti?”. Esercizio difficilissimo all’ inizio, ma un vero toccasana per tutti. Credo lo userò ancora. Magari serve anche in gruppo, in Zona, in Regione.

Qualche giorno dopo il Consiglio ricevo il messaggio di un’amica carissima, una sorella direi (e non solo perché eravamo lupette insieme, con il fazzolettone verde e viola al collo). “Vali, com’è andata? Vale ancora la pena di indossare l’uniforme e spendersi in un Servizio per l’Associazione?”. La risposta è sì, certo che sì, ancora una volta sì. Sì, ne vale la pena. Siamo capi chiamati a non dare mai per scontate le nostre scelte di Servizio. Siamo educatori che non hanno tempo libero, ma liberato, offerto, donato e perciò fecondo. Siamo cristiani dall’incrollabile Speranza. Siamo 180 mila. Siamo uomini e donne con una “Responsabilità da far tremare i polsi. La speranza del domani sta nella resistenza di oggi”  e non resteremo a guardare. Dobbiamo avere coraggio di avere più coraggio. Sì.

Guarda l’intervento di Don Ciotti al CG 2019

Articolo di Valentina Enea – Consigliera Generale della Zona Conca d’Oro

Foto di Sergio Guttilla, Valentina Enea 

Matteo Bergamini e Matteo Peri

(c) Scout Proposta Educativa

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